Southworking-covid19

Il Southworking ai tempi del Covid-19

Hai mai sentito parlare del southworking?

Lavorare al sud o in periferia e avere una carriera di successo fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Oggi invece, con la spinta dell’emergenza Covid-19 e grazie al southworking, sta avvenendo un’inversione di rotta.

Quello che nessuno sa è che questa può essere davvero una grande opportunità per le imprese e in questo articolo vorrei spiegarti perchè.

Tutti noi conosciamo il working più famoso, cioè lo smart working, conosciuto anche come lavoro agile, dove la flessibilità del lavoratore si applica non solo all’orario, ma anche al luogo in cui può lavorare.

Negli ultimi mesi, a causa del Covid-19, è nata da un gruppo di giovani professionisti, capitanati da Elena Militello, una nuova forma di “working”: il southworking, ovvero lavorare in remoto dal sud.

In Italia da anni si parla di fuga di cervelli, professionisti che abbandonano i loro territori di origine, alla ricerca di un futuro professionale di successo nelle città metropolitane, che solitamente si trovano al nord. Con il southworking sembra finalmente esistere una possibilità di scegliere di intraprendere un percorso di carriera di alto livello da dove si desidera.

Ma cos’è concretamente il southworking?

Il concetto che sta alla base, ovvero quello di smart working, è la possibilità di svolgere il proprio lavoro da remoto. Utilizzando il termine southworking, si fa riferimento nello specifico allo spostamento verso il sud. Il termine nasce a Lussemburgo da un’idea di una giovane italiana all’estero, Elena Militello, che per sud intende un concetto più ampio, nel suo caso il rientro in Italia.

A seguito dell’emergenza Covid-19 moltissimi lavoratori fuori sede hanno colto l’occasione per rientrare nella propria regione e svolgere da lì la propria attività, riuscendo così a stare vicino ai propri cari.

Il southworking comunque non riguarda soltanto chi torna a lavorare al sud, ma anche chi si colloca nelle cosiddette aree interne. Per aree interne si intendono quei territori del paese più distanti dai servizi essenziali, come istruzione, salute, mobilità. Parliamo di oltre 4.000 comuni, con 13 milioni di abitanti, a forte rischio spopolamento, in particolare per i giovani, e dove la qualità dell’offerta educativa risulta spesso compromessa.

Per lavorare a distanza si propone di superare il telelavoro emergenziale da casa stimolando la costituzione di presidi di comunità, che altro non sono che spazi di lavoro condiviso pubblici o privati. Questi luoghi sono pensati come attivatori di comunità, stimolando l’incontro tra il worker e le comunità locali.

Per le aziende invece con questa tipologia di lavoro, secondo una ricerca de Il Corriere della Sera, è possibile arrivare a risparmiare fino a 90 euro al mese per lavoratore, considerando l’investimento iniziale e la postazione di lavoro. Inoltre, secondo il Politecnico di Milano, il passaggio ad un modello di lavoro per obiettivi può portare ad un aumento della produttività fino al 20%.

Come si fa ad adottare il Southworking durante l’emergenza Covid-19?

Innanzitutto è necessario redigere un accordo individuale scritto con il dipendente, come previsto dalla normativa del lavoro agile legge 81 del 2017.

In secondo luogo bisognerà adottare le modalità organizzative per la formazione dei manager e dei dipendenti.

In ultima istanza, accordarsi per definire le modalità di spostamento del lavoratori e tutti i dettagli.

Questo potrebbe essere davvero un metodo vincente per avere un team soddisfatto, ottimizzare i costi ed aumentare la produttività!

Fammi sapere nei commenti cosa ne pensi, oppure scrivici se sei interessato ad approfondire l’argomento.

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